sabato 23 giugno 2007

SAN SIRO SI INCHINA ALL'OPERA DI VASCO

MILANO - E' un tuffo al cuore l'ouverture della Cavalleria Rusticana di Mascagni che per un attimo li zittisce tutti e 72.500: dopo tre anni Vasco Rossi torna nella sua San Siro e la consacra 'Scala del rock'. Alla faccia dei comitati anti rumore dei residenti, che fino all'ultimo hanno messo in dubbio la doppia data milanese, la rockstar esordisce con uno "Sst", sussurra "fate piano" e poi lo grida. E' questo il colpo di bacchetta che dà inizio alla sua opera rock, che rispolvera vecchi successi, che da anni mancavano nei live come la reggaeggiante 'Voglio andare al mare', la struggente 'Anima fragile' e la dolce 'Vivere una favola', affiancati dalla ultime hit. Il singolo dell'estate 'Basta poco' accompagna l'entrata trionfale della rockstar e bastano davvero pochi istanti per alzare la temperatura dell'entusiasmo di tutto il pubblico. Tutti in piedi ad alzare le mani e a cantare: persino la nuovissima 'La compagnia', cover di Lucio Battisti, è già entrata nei cuori dei fan. I labiali lo dimostrano in modo inequivocabile. Non è la prima volta che Vasco sceglie un'ouverture operistica: nel 2005 aprì la tourneé 'Rock sotto l'assediò con il Don Giovanni di Mozart e al primo Jammin' Festival, nel '97 a Imola, attacco' con il Rienzi di Wagner. Ma il Mascagni di quest'anno, accompagnato sugli schermi del palco dalle immagini delle eliche del Dna, è il preludio più azzeccato al flusso di rock e adrenalina che riempie lo stadio per quasi due ore e mezza. Il tocco di Vasco trasforma anche le ballate più melodiche in rock elettrificato, in una continuità quasi orchestrale: non c'é nota stonata, non una pausa più lunga del dovuto. E in questo grande affresco da opera rock c'é posto anche per il punk. L'inedito 'Non sopporto' che finirà nell'ultimo album 'Disco volante' si muove su chitarre distorte e un ritmo ridondante, ma le parole sono quelle del cantautore che con maturità tiene alta la bandiera di una vita: l'epicureismo. "Non sopporto quelli come me, quelli che si fidano di sé... Quello che ti posso dire è che tutti dobbiamo morire". Non sembrano passare gli anni per Vasco. E' indiavolato mentre si dimena tra i due rami del palco che si protende verso il prato di San Siro; si sbarazza in fretta della giacchetta in pelle rossa e scaglia persino ai fan il telefonino. La sua foga riesce e riempire l'imponente palco, metafora di una giungla metropolitana, che esplode in un delirio di luci e bagliori nel medley che raccoglie 'Domani si adesso no', 'La strega', 'Cosa vuoi da me', 'Delusa' e 'Sono ancora in coma'. Il put-pourri musicale accompagna il calar della sera e fa entrare lo spettacolo nel vivo. Vasco spara a raffica 'Stupendo', ' Come stai', 'Sally' e nessuno riesce più a star fermo. Persino la tribuna vip dove siedono Eros Ramazzotti, Dori Ghezzi, Caterina Caselli e il gip Clementina Forleo, vibra in applausi scatenati e si accende alla fiammelle degli accendini. Per due ore si dissolvono le polemiche che hanno accompagnato questo concerto. Solo un intrepido striscione in curva sud ('basta poco per farli inc... alza il volume e facci cantaré) ricorda che la fuori c'é un quartiere che però deve essere travolto dalla sete di rock. Quando attacca 'Vivere' il popolo di San Siro è già stretto in un abbracci collettivo: è il preludio del gran finale con 'Alba chiara'. Una chiusura in grande stile che ricorda a tutti, nemmeno servisse, che Vasco, il re degli stadi, è ormai nell'Olimpo della musica dove non c'é distinzione tra opera e rock.

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