giovedì 20 marzo 2008

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Tranne che per qualche zero in più, non ci sono troppe differenze con quella degli altri lavoratori. Enpals e Fisco incassano il cinquanta per cento dei compensi dichiarati, come avviene per i normali dipendenti.
MILANO, 19 marzo 2008 - I calciatori prendono la busta paga a fine mese? Sì, esattamente come tutti gli altri lavoratori dipendenti; anche se gli "zero" in busta sono molto di più. Ma la gestione del rapporto di lavoro è similare a quella dei lavoratori dello spettacolo. Lo si ricava da uno studio dei consulenti del lavoro che, tramite la Fondazione Studi, per la prima volta hanno approfondito la materia. Oggetto del lavoro di interpretazione i prelievi fiscali e previdenziali che vengono calcolati sugli ingaggi dei calciatori professionisti. Il risultato finale non è dissimile da quello che avviene per gli altri lavoratori; non a caso Enpals e Fisco incassano circa il 50% dei compensi dichiarati. Ma vediamo nel dettaglio cosa succede nel rapporto di lavoro che si instaura tra i calciatori e le società.
CALCIATORI E BUSTA PAGA - In via generale il rapporto tra la società sportiva e il calciatore professionista è regolato dalla legge n. 91/81. Il contratto di lavoro deve rivestire obbligatoriamente la forma scritta e il relativo ingaggio è fissato liberamente tra le parti. Resta a carico della società l’obbligo di depositare il contratto presso la Federazione per l’approvazione. A seguito della costituzione del rapporto di lavoro la società di calcio iscrive il calciatore nel libro matricola aziendale, come per la generalità dei lavoratori dipendenti. Ad ogni calciatore a fine mese viene consegnata una busta-paga (vedi quella riprodotta in pagina) nella quale vengono riportate le trattenute previdenziali e fiscali applicate. In campo previdenziale a tutti gli sportivi professionisti è estesa la tutela pensionistica gestita dall’Enpals, che richiede ogni mese il pagamento di un contributo complessivamente pari al 33 per cento. Questa aliquota va distinta in 9,19 per cento a carico del calciatore e il 23,81 per cento a carico della società, ma su di un massimale fino a 86.669. Ciò vuol dire che i contributi vengono calcolati massimo su detta cifra, ma che anche la pensione tiene conto di questo limite. Esattamente come accade per i redditi di fascia alta per gli altri lavoratori dipendenti. E poi c’è il Tfr (Trattamento di fine rapporto), che in campo calcistico viene denominato "di fine carriera", alimentato da un contributo pari al 7,5% calcolato sul massimale sopra citato. L’Irpef viene ritenuta come per tutti gli altri lavoratori e in questo caso sono soggette tutte le somme erogate, senza limiti.
QUANTO COSTANO - A conti fatti, la fetta più importante degli ingaggi dei calciatori viene assorbita da imposte e contributi. Infatti, mediamente quasi il 50% dell’ingaggio è trattenuto dal fisco per i tributi fiscali nonché per le addizionali da riversare alle Regioni e ai Comuni. "Sono questi i costi che ha una società di calcio — dice Eugenio Leoni, consulente del lavoro del Milan —. Si tratta di cifre alte perché tali sono gli ingaggi; ma le percentuali di prelievo sono molto simili a quelle degli altri dipendenti". Analizzando gli esempi siamo partiti da un ingaggio di 3.600.000 euro netti l’anno pari a 300.000 euro netti al mese. Come si ricava dal calcolo presente in busta paga, l’ingaggio mensile di 300.000 euro scaturisce da un ingaggio lordo di quasi 541.000 euro; vale a dire il 45 per cento in più rispetto ai valori che vengono normalmente resi noti. Ovviamente, da questo conteggio restano escluse le somme che vengono concordate a titolo di sfruttamento del diritto di immagine. Quindi è evidente il grande onere per le società calcistiche, che vedono raddoppiato il costo da sostenere rispetto a quanto dovuto ai calciatori stessi.
CONSULENTI DEL LAVORO - Sono circa 23 mila in tutta Italia, iscritti presso 106 Ordini provinciali con un Consiglio Nazionale che ha compiti di coordinamento. I consulenti del lavoro sono liberi professionisti che gestiscono circa 8 milioni di rapporti di lavoro sui circa 11,5 milioni esistenti nel settore privato; forniscono consulenza e gestiscono le risorse umane, tra cui, appunto, i calciatori delle squadre professionistiche e non. Non tutti i giocatori ovviamente guadagnano le cifre sopra citate; le stesse possono essere riferite a giocatori di seconda fascia delle "grandi", ad esempio chi abitualmente fa panchina. Mentre i titolari volano molto più in alto. Ma la grande maggioranza dei calciatori che giocano in Italia incassa cifre di gran lunga inferiori. Senza avere comunque mai il problema della quarta settimana.
fonte:Rosario De Luca,gazzetta.it

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